top of page
strisciablog.jpg

Per guardare la vita dall'alto

e vedere il mondo con gli occhi di Dio

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO

leggi | rifletti | prega | agisci

Cerca
  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 14,21-26


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Gli disse Giuda, non l'Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».

Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

 

Ci siamo ormai abituati allo stile dell’evangelista Giovanni che rilancia temi già annunciati per approfondirli, dilatando per noi gli orizzonti della rivelazione. Cosicché oggi, passando agilmente dai comandamenti all’amore, quello di Dio per noi e il nostro per Lui, giungiamo a una domanda che sta a cuore a Giuda (non l’Iscariota), ma anche a noi che cerchiamo di comprendere il mistero della manifestazione di Dio al mondo: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».


Gesù risponde senza però dare seguito alla richiesta del discepolo. Forse non vuole dare troppo peso alla delusione che traspare dalle parole di Giuda. Costui, come gli altri, speravano in una manifestazione trionfante di Gesù, acclamato da tutti re d’Israele, insomma un re potente con il mondo sotto i suoi piedi, e invece deve mandar giù la pillola amara della gloria di Dio che si manifesterà attraverso lo scandalo della croce.


C’è tuttavia una novità che Gesù introduce rispondendo a Giuda: non solo Dio si manifesterà a colui che lo ama e osserva la sua parola, ma, dice il testo: noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.


Non so per voi, ma questo annuncio di Gesù mi dà una gioia grande e una grande speranza: Dio si ferma a vivere con noi! E se diamo retta allo Spirito Santo “che il Padre manderà” per ricordarcelo, allora nella nostra vita parole come solitudine, scoraggiamento, sfiducia, delusione, angoscia, alienazione, paura – e chi più ne ha più ne metta – non saranno più ferite infette che recheranno solo dolore, ma spazi concavi abitati da Dio.


Smetteremo di soffrire?

No, non è questo che Dio promette. Ci assicura però che Lui sarà con noi. E quando Dio dimora in noi agisce attraverso la potenza dello Spirito, il “Paràclito”.

Paràclito significa letteralmente “chiamato vicino”. Nel linguaggio giuridico richiama l’avvocato difensore, colui che “sta al lato dell’accusato”. Ecco: lo Spirito si fa carico della nostra stessa vita. È lì a difenderla, a proteggerla, soprattutto contro “il grande accusatore”, il principe di questo mondo, il Male. L’azione del Paràclito, che diventa via via profonda consolazione interiore, è sempre efficace, viva perché recide in radice la causa stessa del nostro dolore più grande che è sempre quello di non sentirsi amati abbastanza.


Un monaco egiziano del IV secolo, Macario, invitava i suoi amici a fidarsi dello Spirito Santo e a invocarlo con insistenza, spiegando loro gli effetti della sua presenza: “Il Paraclito comincerà a stabilire un patto con la purezza del cuore e con la forza dell’anima del suo fedele, con la santità del suo corpo e l’umiltà della sua mente. […] Lo Spirito Santo farà tutto quanto in lui con misura e con discrezione in maniera pacifica, senza turbamento. Ma se l’uomo disprezza la condotta dello Spirito santo, la sua forza sparirà, ritorneranno le lotte, i turbamenti del cuore, lo tormenteranno le passioni del suo corpo, in mezzo ai reiterati attacchi dell’avversario. Se si converte e accetta le direttive dello Spirito santo, Dio lo proteggerà, l’uomo conoscerà che è bene aderire costantemente a Dio e che Egli è la sua vita”.

238 visualizzazioni
  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

V DOMENICA DI PASQUA - (ANNO C)

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 13,31-33a.34-35


Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Nel Vangelo di oggi per ben cinque volte in appena due versetti Gesù continua a ripetere: “il Figlio dell’uomo è stato glorificato, Dio lo glorificherà”. Se non sapessimo chi è Giuda e cosa stava per compiere, se non conoscessimo l’epilogo della vita di Gesù, crocifisso come un malfattore, potremmo pensare che da un momento all’altro, finalmente, Gesù sta per essere acclamato re da tutto il popolo di Israele. Ci sembra addirittura di poter immaginare ancora una volta il grido festante delle folle che già lo avevano osannato durante il suo ingresso in Gerusalemme: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!” (Gv 12,13). E invece no. La glorificazione di Gesù è ben lontana dai fasti trionfali che gli uomini riservano ai re di questo mondo.

Trono della sua gloria sarà la croce, lì dove l’amore vince sull’odio, e il perdono diventa la scala che unisce il cielo e la terra.


In ebraico gloria, kavod, significa peso, consistenza. Ecco dunque qual è la consistenza di Dio: l’amore.

E questa è la stessa consistenza che Gesù chiede e, al contempo, promette ai discepoli, incoraggiandoli a depurare il cuore dai quei sogni infarciti di trionfalismo che erigono torri di potere cementate dalla vanagloria.


Gloria e vanagloria – ora ci è più chiaro! - fanno a pugni, perché la gloria è amore donato, la vanagloria è amore succhiato per ringalluzzirsi, a caccia spasmodica di riconoscimenti che si riducono a glorie contraffatte, di poco conto. Sembrano oro, ma sono di latta. Tanto banali quanto inutili. Soprattutto ‘senza peso’.


Se dunque coltiviamo, consapevoli o meno, “sogni di gloria” inseguendo applausi e riconoscimenti, qui, guardando a Cristo re di gloria che svuota se stesso e ‘si fa peccato’ per noi, capiamo finalmente di essere fuori strada, impantanati nella ricerca affannosa di gratificazioni effimere che nulla hanno a che vedere con l’amore e lo stile di Dio.


Sarà il caso di chiederci: cos’è che mi sto perdendo? Cos’è che sto barattando per aggiudicarmi una gloria inconsistente, senza peso?

Direi la dignità e la libertà di figlia/o di Dio.

Non è un gran guadagno!


203 visualizzazioni
  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 15,9-17


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

 

È proprio così: la misura della gioia è la misura dell’amore. Più ami, più la tua gioia cresce. Quando poi, per grazia, avrai raggiunto la misura stessa dell’amore di Cristo, la tua gioia sarà perfetta.

A questo allude Gesù invitandoci a rimanere nel suo amore affinché la nostra gioia sia piena.


Poi va subito al punto precisando che rimanere nel suo amore non è una cosa astratta, intimistica: se vuoi davvero amare Lui, punta dritto il tuo cuore verso gli altri, poiché “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.


Già l’Antico Testamento aveva messo a fuoco la necessità di amare il prossimo, come leggiamo nel libro del Levitico: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Lv 19,18), che nell’originale ebraico viene espresso così: «amerai il prossimo tuo perché egli è come te».

Ricordo in proposito un’osservazione del card. Martini: “Se sono consapevole che l’altro è fatto della mia stessa pasta, che ha gli stessi pregi e difetti che ho io, questa vicinanza dà anche la forza di volergli bene. Se mi sento separato dall’altro e penso che lui sia cattivo e io buono, che lui sia debole e io forte, allora non gli vorrò bene. Se so che siamo tutti nella stessa barca, questo pensiero susciterà in me compassione e amore”.


È già qualcosa, e magari coltivassimo motivazioni così sagge! Ma il vero motivo per cui dobbiamo amarci, dice ora Gesù, è l’amore stesso di Dio, che va ben oltre la solidarietà naturale che può scattare quando ci si sente “tutti nella stessa barca”.


Ora, questo amore che è nascosto in Dio e che può essere rivelato solo dal Figlio, ci raggiunge davvero, come dice ancora Gesù, solo se siamo “piccoli”, se non siamo cioè come i dotti e sapienti di questo mondo che si accostano al Vangelo con saccenza: "Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Lc 10,21).


L’accoglienza del comandamento dell’amore e la piccolezza evangelica ci rendono amici di Gesù

“Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando” – e ci fanno vivere la luminosità di una relazione profonda con Lui che dà senso ad ogni altra esperienza affettiva, come ha scritto papa Francesco ai giovani nella sua esortazione post-sinodale: “Per quanto tu possa vivere e fare esperienze, non arriverai al fondo della giovinezza, non conoscerai la vera pienezza dell’essere giovane, se non incontri ogni giorno il grande Amico, se non vivi in amicizia con Gesù” (Christus vivit, 150).


Quest'amicizia ci afferri e ci scaldi il cuore.

Ne abbiamo bisogno!

266 visualizzazioni

VUOI RICEVERE IL COMMENTO ALLA PAROLA DEL GIORNO SU WHATSAPP?

Se vuoi ricevere il post quotidiano della Parola del giorno su WhatsApp, compila questo modulo. Ti inseriremo nella bacheca "La Parola del giorno" da cui potrai scaricare il link.

Il tuo modulo è stato inviato!

icona-whatsapp-300x300.png
civetta_edited.png
bottom of page