top of page
strisciablog.jpg

Per guardare la vita dall'alto

e vedere il mondo con gli occhi di Dio

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO

leggi | rifletti | prega | agisci

Cerca
  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 21,23-27

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».

Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».

Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

 

Nel recinto sacro del tempio di Gerusalemme oggi si consuma una delle cinque controversie tra Gesù e i veri responsabili della sua condanna a morte: i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo.

Tutto ruota attorno al problema della sua autorità: con quale autorità insegna? E chi gliel’ha data? A queste domande Gesù non risponde direttamente ma, proprio come fanno i rabbini nel Talmud, un testo prezioso della cultura ebraica, pone una contro-domanda ai suoi interlocutori per allargare la questione, stimolare il confronto e dare una risposta adeguata.

Il dialogo però ad un certo punto s’interrompe, direi seccamente. Facendosi da parte, sacerdoti e anziani “discutevano tra loro” per trovare una risposta da dare a Gesù che fosse loro conveniente. Ed è qui che salta tutto. Non c’è più un dialogo, non c’è più una sincera ricerca della verità, un confronto aperto e leale, ma una presa di posizione, una tattica e una strategia pacchianamente nascoste dietro la risposta “Non lo sappiamo”. Una risposta più che falsa, che Gesù smaschera prontamente rispondendo con la più nuda verità: “Neanch’io vi dico…”. Come a dire: non è vero che non lo sapete, dite piuttosto che non volete rispondere per non esporvi.

Fa male entrare in questo labirinto di diffidenza, di sfiducia e di ostilità, e vorremmo quasi scansare l’impatto con questo brano del Vangelo, ma oggi, proprio attraverso questa controversia che vede Gesù alle prese con la malizia e la chiusura dei suoi oppositori, abbiamo l’opportunità di fare una sana verifica delle nostre relazioni, del modo in cui interagiamo e dialoghiamo con gli altri.

Una cosa è certa: non è così che si dialoga. Non con la diffidenza e il sospetto, non per blindarci nelle nostre posizioni. Certo, talvolta ci si può fronteggiare anche con veemenza, ma sempre per capirsi e mai per distruggersi a vicenda. Si può discutere, anche animatamente, ma sempre con lealtà e sincerità di cuore. L’altro, dinanzi a te, deve poter avere la certezza che le tue parole esprimano davvero ciò che pensi e non ciò che vuoi far credere.

E poi quanto bello sarebbe accogliere il parere dell’altro che inevitabilmente relativizza il nostro, ma al tempo stesso ci libera dal dispotismo dei nostri punti di vista e certamente da più completezza alla verità, che non sta mai soltanto da una parte, come spesso abbiamo la presunzione di credere!

Questo tempo d’Avvento, che ci prepara all’incontro con il Signore che viene, diventi dunque anche tempo di incontro e di dialogo autentico con gli altri. Senza dialogo non c’è incontro. E lì dove l’incontro si riduce a uno scambio ripetuto di convenevoli e frecciatine, finisce per farci rimanere barricati nella nostra autoreferenzialità. Senza luce e tremendamente soli.

Basta scavare trincee per difendersi! Basta buttar fuori parole che uccidono rimanendo appostati nell'ombra come cecchini! Diamoci un’altra occasione per ricomporre il tessuto sfilacciato dei nostri rapporti, soprattutto con le persone che ci vivono accanto.

È tempo di pace, smettiamola di farci la guerra!

212 visualizzazioni
  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo


"Avvento" è anche smettere di pensare: "non ce la faccio, non riesco, non posso, non capisco". La sua venuta contraddice e annulla ogni nostra negazione.


Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 11,2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via".

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

 

Giovanni, che era in prigione per aver denunciato la condotta immorale di Erode, viene a sapere dai suoi discepoli “delle opere del Cristo” (Mt 11,2). Certamente in cuore sarà rimasto almeno un po’ sconcertato, disorientato dalle notizie ricevute. Lui aveva predicato l’avvento di un messia rigoroso, deciso a scagliarsi severamente contro i malvagi e invece l’atteggiamento di Gesù scardina in radice le sue aspettative fino al punto che il tarlo del dubbio lo induce ad inviare i suoi discepoli per chiedergli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

A questa domanda Gesù risponde con “le opere”: la guarigione dei ciechi, dei sordi, dei lebbrosi, degli storpi, la risurrezione dei morti e l’annuncio della buona notizia, tutti i segni della speranza predetti dal profeta Isaia e destinati a essere un’iniezione di fiducia per il popolo oppresso: “Nessuno nella città dirà più: io sono malato” (Is 33,24).

In qualche modo Giovanni, e non solo lui, è stato travolto dalla sorpresa di un Dio misericordioso che ha deciso di intervenire non per castigare ma per sanare, passando egli stesso attraverso la debolezza e muovendo il cuore alla compassione.

Forse la delusione di Giovanni talvolta è anche la nostra perché vorremmo un Dio più inflessibile con coloro che operano il male e più attento a togliere dai guai chi invece si sforza di seguirlo. Ma oggi Gesù dice ben altro e proclama beato colui che accoglie Dio così com’è – paziente e misericordioso! – e non come vorrebbe che fosse, più di parte e sempre a favore del giusto o per lo meno un Dio più incline a spalleggiare chi, come Giovanni, è tutto d’un pezzo.


La verità è che per Lui nessuno – e sottolineo nessuno! – deve più dire: “io sono malato!” Tutti cioè devono poter avere la grande opportunità di guarire, buoni o cattivi che siano, qualunque sia il male che li affligge, e soprattutto se la loro malattia si chiama peccato.


Dibattiamoci pure nelle nostre perplessità – anche questa è fede provata, quasi un passaggio obbligato! – ma sentiamo ancor più forte l’annuncio: “Tu non sei più malato!”. Forse il tuo fisico sì, lo sarà ancora, ma di certo c’è una salvezza anche per te, se la sai vedere e accogliere oltre i tuoi desideri, oltre le pieghe della tua fragilità, nel mistero stesso della tua esistenza.


Avvento allora è anche smettere di smettere di pensare: "non ce la faccio, non riesco, non posso, non capisco". La sua venuta contraddice e annulla ogni nostra negazione.



272 visualizzazioni


La nudità della croce spaventa ma se apri gli occhi alla luce della risurrezione tutto s’illumina e anche quel “dovrà soffrire/dovrai soffrire” non sarà più così amaro.


Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 17,10-13


Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro».

Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

 

Di Giovanni, Gesù aveva già detto: “è Elia che sta per venire” (Mt 11,14). Ora però i discepoli, appena discesi dal Tabor dopo l’esperienza della trasfigurazione e l’apparizione di Elia, forse per mettere insieme le cose e capire meglio, tornano sulla questione della venuta di Elia.

Il suo ritorno era atteso da tutti a quel tempo. Infatti, per bocca del profeta Malachia, il Signore aveva detto: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore” (3,23). L’avvento del profeta dunque avrebbe dato inizio all’era messianica.

Ai discepoli però i conti non tornavano: da una parte Elia che era appena apparso loro sul monte, dall’altra Gesù che invece addita Giovanni come l’Elia già venuto. Cosa temevano? Quale interrogativo li turbava? Direi questo: Gesù farà la stessa fine di Giovanni? Faranno anche di lui (e di noi!) quello che hanno voluto?

Pensate voi che questa domanda sia rimasta lì, sepolta nel tempo, a dare pensiero e a fare paura solo a Pietro, Giacomo e Giovanni? Credo proprio di no!


Quando stiamo in silenzio dinanzi al mistero della croce, se il cuore si dispone ad accoglierlo, impari pian piano ad accettare, per grazia, che facciano anche di te quello che hanno voluto. Naturalmente la cosa in sé sembra assurda, direi anzi disumana. E questo è se guardi soltanto la nudità della croce. ma se solo ti soffermi a pensare alla gloria del Tabor e all’alba nuova della risurrezione, allora tutto s’illumina e anche quel “dovrà soffrire/dovrai soffrire” non sarà più così amaro.

La nostra fede ci dice che, abbandonata in fretta la tomba, sarà gioia grande (cfr. Mt 28,8).

225 visualizzazioni

VUOI RICEVERE IL COMMENTO ALLA PAROLA DEL GIORNO SU WHATSAPP?

Se vuoi ricevere il post quotidiano della Parola del giorno su WhatsApp, compila questo modulo. Ti inseriremo nella bacheca "La Parola del giorno" da cui potrai scaricare il link.

Il tuo modulo è stato inviato!

icona-whatsapp-300x300.png
civetta_edited.png
bottom of page