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Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Un popolo in attesa e un cielo che si apre



Dal Vangelo secondo Luca

Lc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

L’evangelista Luca non specifica il luogo fisico in cui avviene il battesimo di Gesù. Ce ne dà invece notizia Giovanni: “Avvenne in Betania, al di là del Giordano” (Gv 1,28). La tradizione poi ha localizzato più precisamente l’evento a Betabàra, lì dove il popolo d’Israele guidato da Giosuè aveva attraversato il Giordano per raggiungere la Terra Promessa. Un luogo fortemente simbolico e carico di allusioni, se pensiamo anche che questo è il punto più basso della terra (400 m. sotto il livello del mare). Come a dire: Gesù è disceso con noi nell’abisso più profondo per dare a tutti la possibilità di ‘risalire’, anche a colui che ha toccato il fondo del peccato più grande. Insomma, Dio non lascia fuori nessuno e nessuno deve sentirsi abbandonato dalla sua misericordia.


In questo luogo esistenziale di peccato e desolazione – una Betabàra che a tratti noi tutti viviamo! – c’è un popolo in attesa e un cielo che si apre.


Cosa aspettava la gente?

Certamente il Messia e con lui una nuova condizione di vita, una speranza, un futuro. Ricordate le parole profetiche di Isaia: “il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, …per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto” (Is 61,1-3). Questo aspettava la gente. E anche noi!


E “il cielo si aprì”. Sì, finalmente il cielo si apre. Ovviamente non è un’informazione metereologica né un evento eclatante di quelli che oggi attirano i curiosi e quanti vanno in cerca di miracolose apparizioni. C’è piuttosto una chiara allusione ai pii israeliti che dinanzi al silenzio di Dio innalzavano preghiere e invocazioni: “Non ricordarti per sempre delle nostre iniquità…Ah, se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (cfr. Is 63 e 64).

Ecco: la loro preghiera finalmente è stata esaudita. Il cielo si è aperto, Dio è sceso. Da questo momento tutti possiamo sperare e vedere la salvezza che viene da Lui. E ognuno può dire con forza: “Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore” (Is 63, 16).


A Betabàra Dio ci ha teso la mano. Con divina passione e infinita compassione è sceso lì dove la fragilità ci ha condotti e il peccato ci ha inabissati, lì tra le pieghe della nostra storia sfigurata da tante storture. Non lasciamo che tutto questo si disperda e si sprechi.

Il Figlio, l’Amato è con noi e per noi: “Ascoltatelo!” (Mt 17,5).


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