Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,21-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l'Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Ci siamo ormai abituati allo stile dell’evangelista Giovanni che rilancia temi già annunciati per approfondirli, dilatando per noi gli orizzonti della rivelazione. Cosicché oggi, passando agilmente dai comandamenti all’amore, quello di Dio per noi e il nostro per Lui, giungiamo a una domanda che sta a cuore a Giuda (non l’Iscariota), ma anche a noi che cerchiamo di comprendere il mistero della manifestazione di Dio al mondo: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gesù risponde senza però dare seguito alla richiesta del discepolo. Forse non vuole dare troppo peso alla delusione che traspare dalle parole di Giuda. Costui, come gli altri, speravano in una manifestazione trionfante di Gesù, acclamato da tutti re d’Israele, insomma un re potente con il mondo sotto i suoi piedi, e invece deve mandar giù la pillola amara della gloria di Dio che si manifesterà attraverso lo scandalo della croce.
C’è tuttavia una novità che Gesù introduce rispondendo a Giuda: non solo Dio si manifesterà a colui che lo ama e osserva la sua parola, ma, dice il testo: “noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
Non so per voi, ma questo annuncio di Gesù mi dà una gioia grande e una grande speranza: Dio si ferma a vivere con noi! E se diamo retta allo Spirito Santo “che il Padre manderà” per ricordarcelo, allora nella nostra vita parole come solitudine, scoraggiamento, sfiducia, delusione, angoscia, alienazione, paura – e chi più ne ha più ne metta – non saranno più ferite infette che recheranno solo dolore, ma spazi concavi abitati da Dio.
Smetteremo di soffrire?
No, non è questo che Dio promette. Ci assicura però che Lui sarà con noi. E quando Dio dimora in noi agisce attraverso la potenza dello Spirito, il “Paràclito”.
Paràclito significa letteralmente “chiamato vicino”. Nel linguaggio giuridico richiama l’avvocato difensore, colui che “sta al lato dell’accusato”. Ecco: lo Spirito si fa carico della nostra stessa vita. È lì a difenderla, a proteggerla, soprattutto contro “il grande accusatore”, il principe di questo mondo, il Male.
L’azione del Paràclito, che diventa via via profonda consolazione interiore, è sempre efficace, viva perché recide in radice la causa stessa del nostro dolore più grande che è sempre quello di non sentirsi amati abbastanza.
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