Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,7-14
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
«Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò»
«Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò»
Mentre rileggo questi versetti, mi viene in mente la parabola di Gesù raccontata dall’evangelista Luca “sulla necessità di pregare sempre senza mai scoraggiarsi” (Lc 18,1).
Andiamo a fondo. A volte hai questa impressione: tu parli e Lui tace. Tu preghi, chiedi, gridi il tuo bisogno e sembra che non cambi nulla. Vedi che le tue ginocchia si consumano nell’attesa, ti senti sfiancato e cominci a pensare che sia tutto inutile. E mentre lo pensi, il tarlo del dubbio ti fa supporre che Dio sia lontano, indifferente, apatico. O forse che la tua preghiera non sia ben fatta. O addirittura che la tua vita, così com’è, non meriti una risposta.
A fare da argine a questa fiumara dirompente di pensieri che ci scorrono dentro e che dilagano nel timore di non essere ascoltati ed esauditi da Dio, ecco la sana provocazione di Gesù: tu, ciò che chiedi, lo chiedi nel mio nome? Che non vuole dire semplicemente: io intercedo per te. Vuol dire piuttosto che
l’unica richiesta ‘lecita’ e ‘ascoltata’ è quella di poter realizzare le stesse opere che Gesù ha compiuto, o addirittura di compierne di «più grandi». Ossia, amare. Anzi, essere disponibili ad amare fino a dare la propria vita.
«Cristo ci stimola a vivere lo sbilanciamento dell'amore», dice Papa Francesco, e «ci propone di uscire dalla logica del tornaconto e di non misurare l'amore sulla bilancia dei calcoli e delle convenienze. Ci invita a non rispondere al male con il male, a osare nel bene, a rischiare nel dono, anche se riceveremo poco o nulla in cambio. Perché è questo amore che lentamente trasforma i conflitti, accorcia le distanze, supera le inimicizie, guarisce le ferite dell'odio».
E non è forse tutto questo ciò che noi, in fondo in fondo, chiediamo nelle nostre preghiere?
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