11 dicembre 2021
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 17,10-13
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
Di Giovanni, Gesù aveva già detto: “è Elia che sta per venire” (Mt 11,14). Ora però i discepoli, appena discesi dal Tabor dopo l’esperienza della trasfigurazione e l’apparizione di Elia, forse per mettere insieme le cose e capire meglio, tornano sulla questione della venuta di Elia.
Il suo ritorno era atteso da tutti a quel tempo. Infatti, per bocca del profeta Malachia, il Signore aveva detto: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore” (3,23). L’avvento del profeta dunque avrebbe dato inizio all’era messianica.
Ai discepoli però i conti non tornavano: da una parte Elia che era appena apparso loro sul monte, dall’altra Gesù che invece addita Giovanni come l’Elia già venuto. Cosa temevano? Quale interrogativo li turbava? Direi questo: Gesù farà la stessa fine di Giovanni? Faranno anche di lui (e di noi!) quello che hanno voluto?
Pensate voi che questa domanda sia rimasta lì, sepolta nel tempo, a dare pensiero e a fare paura solo a Pietro, Giacomo e Giovanni? Credo proprio di no! Quando stiamo in silenzio dinanzi al mistero della croce, se il cuore si dispone ad accoglierlo, noi percepiamo che l’amore crocifisso ci dice: “sali più in alto”, come scrisse un giorno una mistica audace, Francesca Streitel, che v’invito a conoscere (www.ssmgenstreitel.org).
“Sali più in alto” vuol dire disponiti a soffrire anche tu “per opera loro”, anzi accetta che facciano anche di te quello che hanno voluto. Naturalmente la proposta in sé non sembra allettante, se guardi soltanto la nudità della croce; ma se solo ti soffermi a pensare alla gloria del Tabor e all’alba nuova della risurrezione, allora tutto s’illumina e anche quel “dovrà soffrire/dovrai soffrire” non sarà più così amaro e l’invito a salire più in alto non farà più paura. La nostra fede ci dice che, abbandonata in fretta la tomba, sarà gioia grande (cfr. Mt 28,8).
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