SABATO SANTO
Come sospesi tra il dolore e la gioia entriamo nel Sabato santo in punta di piedi, immersi nel silenzio dell’attesa. Portiamo nel cuore lo smarrimento degli apostoli dopo la morte di Gesù, il cuore spezzato della Mater Dolorosa, ma soprattutto la sua speranza tesa, direi sbilanciata con fiducia verso la risurrezione del Figlio.
Oggi ‘digiuniamo’ ancora: né liturgie, né Eucaristia, né Parola. Ci nutriamo solo di silenzio gravido di vita che anela a risorgere. Percepiamo d’essere prossimi alle doglie di un parto che ci darà un’incontenibile gioia, ma ancora è come se ci fosse un ultimo balzo d’anima da compiere prima di poter accogliere la Vita nuova del Risorto dentro di noi.
Un balzo d’anima: preghiera agile come di cerva che rincorre i corsi d’acqua. La sete di Gesù sulla croce – ora ne siamo più coscienti! – è davvero la nostra sete, sete di Dio. E con il salmista, in questo giorno d’attesa, non possiamo far altro che ripetere: “quando vedrò il volto di Dio? Tu, anima mia, non smettere di sperare!”.
E nel fondale misterioso di questa preghiera, che è soffio di Spirito Santo, ci raggiunge e ci avvolge una grande consolazione, che i nostri padri hanno custodito con fede adamantina.
Come vuole un’antica tradizione, infatti, oggi Gesù discende agli inferi, nell’abisso della morte e trae a sé con forza Adamo e con lui tutta l’umanità, recando con la croce gloriosa l’annuncio del suo trionfo: la morte, la nostra morte, è vinta dalla morte del Figlio e in Lui finalmente, come attraverso un ponte che unisce estremità lontanissime, possiamo raggiungere il regno di Dio dall’abisso delle nostre tombe.
Grande mistero, amore grande!
Stiamone certi: le lacrime amare di Gesù che hanno irrorato l’Orto degli Ulivi sono già lacrime ardenti, insieme a quelle della Madre sparse lungo la via della croce. Oltre il dolore, risalendo dagli inferi, queste lacrime ora riscaldano il cuore della nostra umanità. Riscaldano senza bruciarci.
Credete: non ci sarà più il freddo gelido della morte a farci paura né ci saranno più tenebre che potranno risucchiarci nel male antico. Tepore e luce ci attendono.
Stasera veglieremo - invocate con me la misericordia di Dio, come dice il preconio pasquale! - e all’alba sarà gioia piena.
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