Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 12,1-11
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
Sei giorni prima di Pasqua Gesù si reca a Betania. In suo onore viene preparato un banchetto a casa di Lazzaro, nel luogo dove la vita aveva vinto la morte. Lazzaro è l’«amico» per il quale Gesù aveva pianto intensamente ed è il primo che aveva “risuscitato dai morti”, commensale con lui in questa cena di famiglia che ci appare come il luogo ideale della comunità cristiana.
C’è Marta che serve a tavola, come Gesù chiede di fare e come dice di se stesso: “Io sto in mezzo a voi come chi serve» (Lc 22,27). Questa donna è l’immagine della diaconia che cinge il grembiule e intesse relazioni di gratuità.
Poi c’è Làzzaro: il suo silenzio accanto a Gesù è esemplare, direi orante. Uscito fuori dalla grotta sepolcrale, finalmente slegato dai lacci della morte, ora scioglie nel silenzio la sua gratitudine. Ed è preghiera. Diceva Meister Eckhart: «Se la sola preghiera che dirai mai nella tua intera vita è “grazie”, quella sarà sufficiente».
E finalmente Maria, sorella di Lazzaro, riconoscente a Gesù per il dono della vita resa al fratello. Lei è la sposa celebrata dal Cantico dei Cantici: “Mentre il re sta sul suo divano, il mio nardo spandeva il suo profumo” (Ct 1,12). E potremmo aggiungere: “Con le tue trecce fai prigioniero un re” (Ct 7,6).
Il suo profumo è l’amore che avvolge lo Sposo con delicata passione mentre si espande e riempie tutta la casa; è la fragranza dello Spirito che vivifica e aromatizza tutta la comunità, mentre i suoi capelli che scivolano ai piedi del Maestro dicono il legame tra noi e Lui, tra la Chiesa e lo Sposo.
Mi piace pensare che Maria abbia in un certo senso ispirato a Gesù la lavanda dei piedi durante la cena pasquale. Ma questo credo sia solo un desiderio, tutto femminile: essere in qualche modo presenti al piano superiore, in quella camera grande e arredata, nel cuore di quella notte in cui Cristo ci ha amati fino alla fine.
Infine la voce discordante di Giuda che spezza l’armonia di questo banchetto familiare in cui ognuno fa dono di sé agli altri. Un banchetto a cui anche lui è stato invitato, con lo stesso amore, da amico e fratello, ma che ora lui si prepara a tradire. Protesta per lo spreco appellandosi ai bisogni dei poveri, ma in realtà è solo un “ladro” che preferisce il denaro all’amore e che si serve dei poveri per accaparrare per sé. Ruba l’amore di Cristo, lo sottrae anche alla comunità e, non pago, ruba anche ai poveri finendo con il diventare un assassino.
“Povero Giuda! Infelice discepolo che ad un certo momento non ha potuto mantenere fedeltà al suo Maestro” – diceva don Mazzolari.
Poveri noi, se barattiamo la nostra fedeltà con il denaro facile, con lo sfruttamento degli altri, dei poveri soprattutto.
Poveri noi, se dopo aver venduto il Cristo, ci disperiamo, incapaci di ricorrere con fiducia alla sua misericordia.
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