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Pregate e perdonate di cuore

Immagine del redattore: Comunità dell'EremoComunità dell'Eremo

Aggiornamento: 8 mar 2022


Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 6,7-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.

Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà,

come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non abbandonarci alla tentazione,

ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

 

Tutto il “Padre nostro” è strettamente legato alla chiosa finale: Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.

Più avanti Gesù ribadendo la necessità del perdono aggiungerà “…se non perdonerete di cuore al vostro fratello” (Mt 18,35). Notate l’espressione di cuore. Ecco il punto: non basta perdonare, bisogna farlo di cuore. Il perdono non è un gesto di clemenza occasionale ma uno stile, un modo di essere. E poiché si tratta di un modo di essere non ammette limiti o condizioni. Non si può contemporaneamente perdonare una persona e vendicarsi con un’altra, né si può tirar fuori la frase: “C’è un limite a tutto!”, oppure: “Perdono, ma non dimentico!”.

Se veramente sei stato toccato dalla misericordia e trafitto dall’amore non puoi trattenere per te il dono ricevuto. E la prova che apparteniamo al Signore, determinante in vista dell’incontro definitivo con Lui, è proprio questa: il perdono. Non c’è salvezza per chi non perdona!


Dio non è né un brutale tiranno ma non è neanche un ingenuo bonaccione. A Lui puoi chiedere perdono con fiducia, ma non puoi prenderti gioco della sua misericordia chiudendoti al perdono degli altri.

Certo, è una lotta interiore il perdono, e non sempre è facile. Ciò che conta è non lasciarsi dominare dal risentimento e non trangugiare rancore, ma pregare dicendo: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Lo facciamo davvero, oppure contro coloro ci fanno del male invochiamo “un fuoco dal cielo che li consumi” (cfr. Lc 9,54)?



Vi propongo una terapia d’urto.


SMETTI DI QUANTIFICARE IL PERDONOPerdono è umile amore. E l’amore è per sempre. Decidi senza indugio di ricorrere in ogni caso a questa forza straordinaria. Impegnati a interiorizzare il Padre nostro - “perdona a noi come noi perdoniamo” - soprattutto quando ti è difficile porgere il saluto a chi continua a farti soffrire, quando ti senti tradito, disprezzato, umiliato e oppresso. Non dire mai: “Adesso basta! Con te ho chiuso!”. Ripeti in cuor tuo le parole di Gesù: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.


MIGLIORA LA QUALITÀ DEL TUO PERDONO – C’è un’insidia subdola che macchia la purezza del perdono. Spesso rimuginiamo: “Io lo perdono, però…”, e cominciamo ad elencare riserve, giudizi taglienti, pretese di risarcimento morale per l’offesa ricevuta. Questo non è il perdono cristiano, ma una sorta di tregua firmata a tavolino. Migliorare la qualità del perdono significa credere fino in fondo che l’altro possa cambiare, che domani non sarà lo stesso di oggi. E ciò richiede un vero e proprio travaso spirituale: togli via il pregiudizio e lasciati colmare dalla fiducia. Chi perdona davvero firma in bianco e dà credito, con magnanimità!


EDIFICA SUL PERDONO – Dappertutto ci sono barriere, tensioni, incomprensioni e talvolta l’atmosfera delle nostre comunità, delle nostre famiglie si fa pesante perché ci fossilizziamo nei nostri punti di vista e per nascondere i nostri difetti ingrandiamo quelli degli altri fino a diventare “buoni nemici”, buoni perché ci sorridiamo ancora (per ipocrita apparenza!), ma nemici perché abbiamo rinunciato a perdonare di cuore e appena se ne presenta l’occasione – che sappiamo subito cogliere! - ci mordiamo a vicenda.


Schiettezza nel perdono, dunque, dato e ricevuto di cuore!




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