Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,1-5
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
«Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?», chiedono i farisei ai discepoli.
A rispondere però è Gesù, e cita Davide: “quando lui e i suoi compagni ebbero fame”, trovandosi dunque “nel bisogno”, come sottolinea l’evangelista Marco nella sua versione del racconto, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta.
La chiave di tutto dunque è “il bisogno”, un bisogno reale e legittimo, e quando c’è di mezzo una vita umana in necessità o in pericolo, violare la regola dello shabbat non solo è concesso ma diventa un obbligo perché "il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!”. Non solo: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”. Che vuol dire: ho l’autorità di fare tutto questo e lo faccio, di dirvelo e ve lo dico.
Ora noi, dopo duemila anni di cristianesimo, ce la prendiamo ancora tanto con scribi e farisei per aver tradito e stravolto la Legge. Bolliamo la loro ipocrisia perché hanno moltiplicato i precetti mantenendo intatta solo la forma e così facendo hanno spento lo spirito e si sono murati dentro “dottrine che sono precetti di uomini”.
Tutto vero. Ma noi, Vangelo alla mano, stiamo facendo di meglio?
Ci siamo forse aggrovigliati anche noi nell’intellettualismo, nell’immobilismo e nel formalismo che, come dice papa Francesco, “ci porta al rischio dell’ipocrisia”?
Siamo forse anche noi tra quei cristiani del terzo millennio che vanno a Messa e poi si chiudono in casa tranquilli a trastullarsi intorno all’intimismo di una fede senza opere, muta, sorda e cieca ai bisogni degli altri?
Proprio stamani leggevo un’omelia di san Giovanni Crisostomo. Le sue parole mi sembrano illuminanti. E possono aiutarci a fare chiarezza nel cuore:
“Mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello” (In Matth. h. 50).
E ancora: “Fratelli, sorelle, se volete essere sacerdoti del Signore, praticate la condivisione dei beni. Se vuoi vedere l’altare, guarda alle membra di Cristo. Il corpo del Signore, corpo dei fratelli poveri e ultimi, è per te l’altare: veneralo! È più importante l’altare dei poveri che l’altare del culto. L’altare dei poveri non tiene su di sé il corpo di Cristo, ma è il corpo di Cristo. Vuoi onorare l’altare? Per strada, quando incontri un bisognoso, quello è l’altare su cui celebrare la liturgia della condivisione, dell’amore concreto, della comunione” (In 2Cor.h. 20).
Non credo ci sia bisogno di fare altri commenti. Condivisione, amore concreto, comunione: “Se non arriveremo a questa Chiesa di vicinanza, con compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore” (Papa Francesco).
Foto: Piccolo Eremo delle Querce, Consacrazione della Chiesa dedicata alla SS. Trinità.
Comentarios