Chi sa dire con sobrietà “non tutto, non subito, non sempre di più, non solo per me” è una persona che sa riconoscere e rispondere anche ai bisogni degli altri.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10,1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"».
Lo stile dei discepoli che Gesù invia davanti a sé è segnato dalla gratuità e dall’essenzialità: “non portate borsa, né sacca, né sandali”, dice il Maestro, esortando con forza a tralasciare tutto ciò che è secondario per concentrarsi senza distrazioni sulla missione.
Non solo: il disinteresse e il distacco dai beni materiali è una condizione assolutamente necessaria per poter testimoniare senza ambiguità che tutto è dono di Dio. E se è dono, va accolto e custodito senza impossessarsene avidamente. Del resto, chi fa strada a Gesù, non manca di nulla e “ha diritto alla sua ricompensa”.
Come lascia supporre il testo, la fede, quando è matura (e quella di chi annuncia il Vangelo deve esserlo altrimenti la sua è una parola vuota), non cerca su altri/su altro le proprie sicurezze perché si fida della provvidenza e, al contempo, cerca e vuole per sé solo “borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove nessun ladro arriva e la tignola non consuma” (Lc 12,33). Che vuol dire: ci sono beni più grandi in ordine ai quali bisogna essere disposti a lasciare tutto per essere liberi di accoglierli a piene mani, zittendo le interferenze assordanti dei tanti desideri di terra che distolgono dall’essenziale.
Questa sobria essenzialità non riguarda certo solo le cose materiali: non basta rinunciare al sovrappiù, essere minimalisti, accontentarsi di poco (che potrebbe essere una scelta fatta sempre e solo per sé). Va ben oltre ed è “segno di giustizia prima ancora che di virtù”, come dice un uomo di Dio. In fondo, chi sa dire “non tutto, non subito, non sempre di più, non solo per me” è una persona che sa riconoscere e rispondere anche ai bisogni degli altri. E ciò facendo, mentre distoglie lo sguardo dal proprio interesse, va in cerca di un benessere autentico, di cui tutti possano godere, fondato sulla solidarietà, sul rispetto, sulla giustizia appunto.
P.S. Non ci vuole molto a capire che questo stile di vita custodisce tra l’altro la nostra stessa dignità, di uomini/donne e di figli di Dio.
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