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  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Lampada che arde


Dal vangelo secondo Giovanni

Gv 5,33-36


In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:

«Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.

Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato».

 

Ripeschiamo dai versetti precedenti il contesto del brano di oggi. Gesù è stato accusato di bestemmia perché, a dire dei Giudei, si sta arrogando l’identità di Figlio di Dio. A costoro risponde chiamando in causa Mosè che – egli dice – “ha scritto di me”, e il profeta Giovanni, che “ha dato testimonianza alla verità”.

È una vera e propria arringa difensiva, in nome della verità. Una verità limpida, supportata dai fatti. Gesù infatti porta le prove della sua assoluta fedeltà al Padre, ribadendo di compiere la sua volontà. E precisa: Giovanni era lucerna che arde e voi “avete voluto rallegrarvi alla sua luce” solo per momento. Come dire: siete andati da lui, vi siete fatti battezzare, ma non lo avete preso sul serio quando ha detto: “Viene dopo di me colui che è più forte di me; ed Egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1, 7-8); così, superficialmente, avete confessato i vostri peccati senza cambiare vita e senza fare “frutti degni di conversione”; avete visto le “opere” del Padre e non le avete riconosciute, accecati come siete dal desiderio di “ricevere gloria gli uni dagli altri”, e piuttosto che cercare la gloria di Dio, avete cercato voi stessi rimpinzandovi d’orgoglio.


Per poi aggiungere, nei versetti successivi al nostro brano: voi che scrutate le Scritture, benché orgogliosi della Torà, non avete voluto ascoltare “il Padre che mi ha mandato”; esse parlano di me, testimoniano per me, ma voi “non volete venire da me per avere la vita”; “non avete in voi stessi l’amore di Dio”, non amate Lui e non vi amate fra voi; insomma, non accogliete me, non accogliete il Padre e neanche tra voi riuscite a farlo, divisi come siete nel cuore e nella vita.

Discorso durissimo e accorato che giunge fino a noi, oggi, mentre camminiamo tra le nebbie della dispersione convinti che tutto sia relativo e che persino Dio possa essere ‘manomesso’, riciclato o addirittura ridotto al silenzio.


È come se avessimo ostruito il fluire dell’acqua già alla fonte, negandola e riducendo la parola di Gesù a un rigagnolo che si disperde dentro la terra del nostro cuore senza dissetarci abbastanza.

Avessimo il coraggio e il desiderio di canalizzarla senza tregua, raccogliendola nell’otre del cuore come “acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14)!

Allora sentiamola finalmente questa sete e con essa il gusto di bere e di vivere camminando con gioia rinnovata verso le sorgenti della salvezza, disposti a tutto pur di essere conquistati da Cristo.

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