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Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

La smania di voler essere i primi, gli unici e i migliori


Dal Vangelo secondo Marco

Mc 9,38-40


In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».

Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».

 

I discepoli l’avevano appena combinata discutendo tra loro su “chi fosse il più grande” e Gesù si era affrettato a spezzare sul nascere le loro manie di grandezza: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti" (Mc 9,34-35).

Evidentemente l’affondo ‘didattico’ del Maestro non aveva sortito l’effetto sperato perché di lì a poco – ed ecco il Vangelo di oggi - Gesù dovrà intervenire ancora una volta per frenare la loro ambizione e ridimensionare il loro atteggiamento intransigente ed esclusivista.


Giovanni con una sola frase fotografa per noi le due gaffe eclatanti che avevano appena fatto, lui e gli altri discepoli: innanzi tutto, da “figlio del tuono” qual era, con il suo carattere veemente, stava quasi per attaccar briga con un simpatizzante di Gesù che scacciava demòni nel suo nome; poi, come se non bastasse, motiva l’atteggiamento del gruppo - “volevamo impedirglielo” - con un’impennata di sottile superbia: “non ci seguiva”. Vero è che loro sono “i Dodici”, quelli che Gesù ha chiamato perché stessero con Lui e per mandarli a predicare e a scacciare i demòni, ma è anche vero che è Gesù colui che va seguito, non i discepoli.


Giovanni invece sembra pensarla diversamente: noi Dodici che siamo “i vicini”, gli intimi, quelli della prima ora, seguiamo il Maestro e abbiamo l’esclusiva sulle sue opere; tutti gli altri, quelli che vengono dopo, se vogliono agire in nome di Gesù, devono seguire noi.

Ora, strada facendo, è vero che la comunità cristiana “sarà edificata sul fondamento degli apostoli”, come dirà san Paolo ai cristiani di Efeso, ma sempre “avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù” (Ef 2,20).


Qui invece c’è solo una distorsione di pensiero. E qui, con quelle dei discepoli, si smascherano anche le nostre velate ambizioni che, stringi stringi, hanno sempre a che fare con la smania di voler essere più grandi di quello che siamo.


Memo male che Gesù è tollerante ed estremamente paziente. Gustate la linearità decisa e ferma della sua risposta: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Cioè chiarisce subito che la via del discepolato non è mai “esclusiva” e che chiunque può fare del bene nel suo nome.


Può essere sufficiente questa parola di Gesù per dissuaderci dal voler essere e dal sentirci i ‘i primi’, ‘gli unici’ e ‘i migliori’?

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