Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,12-19
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante.
C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
Oggi è la festa liturgica dei santi apostoli Simone e Giuda.
“Simone, detto Zelota”, così lo presenta l’evangelista Luca nel suo vangelo. Tuttavia nel testo originale leggiamo, meglio, “Simone detto lo zelante”. Niente a che vedere dunque con gli zeloti, difensori dell'ortodossia e dell'integralismo ebraico dell'epoca.
Simone è un uomo “zelante” per Dio.
Perdonatemi se scavo più a fondo con voi nel testo greco. Il termine greco con cui noi traduciamo la parola “zelo” rimanda al gorgoglio dell’acqua che va in ebollizione quando la metti vicino al fuoco. Così è l’uomo zelante: brucia di passione per il Signore e il suo desiderio è così caldo e profondo che non può starsene zitto. Deve gorgogliare, deve annunciare. E più si scalda al fuoco dello Spirito, più agisce con prontezza e determinazione perché la Parola corra e raggiunga tutti. Pensate che l’apostolo Paolo arriva a dire: “mettete come calzature ai piedi lo zelo dato dal vangelo” (Ef 6,15).
Mi sembrava bello condividere con voi la suggestione data da questa immagine dell’acqua che al fuoco ribolle. Siamo noi questo gorgoglio, quando davvero incontriamo Gesù. Magari siamo stati per anni solo una pentola piena d’acqua, freddi o a temperatura ambiente, magari un po’ stanchi, spenti, delusi perché ci aspettavamo ben altro dalla nostra esperienza di fede; poi, strada facendo e magari improvvisamente, c’è stato un evento, non importa di che tipo, ma lì in quella circostanza abbiamo sentito ardere il cuore, come se la pentola della nostra vita fosse stata spostata dal marmo alla brace, dal freddo al fuoco.
Questa è l’esperienza dei Dodici nel Vangelo odierno. Chiamandoli a sé e scegliendoli, Gesù li mette al fuoco della Sua Parola e loro ci stanno, dicono sì e via via, stando con Lui, si scaldano fino a ribollire nella missione che, a questo punto, viene percepita e vissuta come urgenza di far traboccare la gioia del Vangelo.
E questo si chiama zelo apostolico. “Lo zelo apostolico - dice Papa Francesco - non deve appartenere solo ai missionari” che vanno in terre lontane. Deve ribollire “qui in città”, ossia dove viviamo ogni giorno.
Questo chiediamo oggi al Signore, per non ridurci ad essere, e rubo ancora le parole di Papa Francesco, “cristiani da salotto, educati” ma sterili.
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