Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,45-48
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà casa di preghiera". Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
L’evangelista Luca lo aveva ribadito più volte: la meta del cammino di Gesù è Gerusalemme. E finalmente ci siamo. Che succederà da questo momento in poi? Gesù dedicherà buona parte del suo tempo a confrontarsi con le autorità religiose e politiche, correggendo i loro insegnamenti punto su punto.
Sullo sfondo c’è ancora il suo pianto struggente alla vista di Gerusalemme che non aveva conosciuto ciò che conduce alla pace e non aveva riconosciuto la visita di Dio. Non dimentichiamo questo suo volto rigato dal pianto perché di lì a poco le sue lacrime si uniranno a quelle di Pietro e il pianto del Dio rinnegato si mescolerà al pianto dell’uomo pentito. E mescolandosi, quelle lacrime saranno, anche per noi, un lavacro di misericordia.
Ma non è ancora tempo. C’è un’altra missione da compiere, segnata da un’ostilità crescente, in un luogo dove mai avremmo immaginato che l’uomo avrebbe potuto preparare un attentato al suo Dio: il tempio, la casa del Signore, casa di preghiera e di intimità con Lui.
Gesù entra nel tempio e affronta il primo oltraggio: lo spettacolo dei venditori, che avevano ridotto a mercato il luogo santo. Allora s’indigna, li scaccia con severità e parole di fuoco. Poi comincia un lungo confronto con i capi religiosi e gli scribi, gli esperti di Bibbia e teologia. Risponde alle loro domande, li corregge e mette in luce la loro autorità ormai corrotta. Controversie, una dopo l’altra. E nella mischia entrano anche i capi del popolo, i politici più in vista della città, quelli coi colletti bianchi che, ieri come oggi, appoggiano le gerarchie per ottenere consensi.
Brutta storia! Certo, vi chiederete: ma noi, gente comune, che c’entriamo in tutto questo?
Se leggete bene tra le righe, c’è un filo rosso che lega questa gente: hanno tutti qualcosa da vendere e tutti sono in vendita. Dio, il tempio, e tutto ciò che vi ruota attorno, è ridotto a business. E non importa se è per soldi, per fama o potere. C’è sempre un affare di mezzo. Sempre guadagno è, e dissacrante rimane! Ma mentre fanno affari, pensando di afferrare, gestire, lucrare e manovrare opprimendo, essi stessi svendono a poco prezzo il bene più prezioso: l’anima. Sì, perché certi sporchi guadagni sulla pelle degli altri e sul culto stesso di Dio, che male è e male resta anche se stai in prima fila tra i banchi della chiesa, è sempre un boomerang: lancialo pure lontano, prima o poi torna indietro e ti si rivolta contro.
I banchi della chiesa: fermiamoci!
Prima di occuparli piamente, magari in ginocchio e a mani giunte, chiediamoci: fuori, forse persino sul sagrato, ho speculato a danno degli altri e del bene comune rimanendo sul filo sottile di una legalità solo apparente? Ho forse rubato, fosse solo un posto, un’occasione, un’opportunità sottratta ad altri? Ho invidiato e cercato di far fuori qualcuno togliendogli stima e saluto? L’ho ucciso forse con la lingua e col cuore spargendo al vento calunnie e pettegolezzi meschini?
E se anche mi sentissi al riparo da queste colpe deplorevoli, cos’è che non ho fatto di meglio e di più per essere fratello, sorella di tutti, in primis del debole e del povero? Cosa ho trattenuto di troppo per me, sottraendololo così a chi ne aveva veramente bisogno?
"Mio, mio, mio...": anche questo è rubare, affamare, uccidere.
Capite allora l’indignazione di Gesù e quelle sue parole infuocate che hanno stanato “un covo di ladri”? È a questo che vogliamo ridurre i luoghi sacri della nostra fede, a partire dal cuore? Non sarebbe meglio pendere dalle sue labbra nell’ascoltarlo? Ascoltarlo, facendo davvero quello che ci dice.
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