Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,29-34
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
“Agnello di Dio”: mai nessuno nell’Antico Testamento era stato chiamato così. A cosa vuole alludere l’evangelista Giovanni riferendo questa immagine del Battista? Bisogna cercare nelle Scritture.
Ci sono almeno quattro grandi riferimenti.
Gesù è l’agnello pasquale. Nei giorni della schiavitù in Egitto, il sangue dell’agnello sugli stipiti delle case aveva risparmiato gli ebrei dall’eccidio al passaggio dell’angelo sterminatore e reso possibile l’esodo verso la terra promessa.
Gesù è il servo del Signore preannunciato dal profeta Isaia come agnello che viene condotto al macello e annoverato tra gli empi mentre “portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori” (Is 53,12).
Gesù è l’agnello dell’olocausto nel sacrificio di Isacco a cui, come dice Abramo, “Dio stesso provvederà” (Gen 22,8).
Gesù infine è l’agnello vittorioso dell’apocalisse che distrugge il peccato del mondo.
Ecco ciò che intendeva dire Giovanni ai suoi interlocutori: Gesù con mitezza è qui per farsi carico delle nostre debolezze e annientare ogni iniquità offrendo liberamente se stesso con amore fino all’estremo sacrificio.
“Io non lo conoscevo” – ripete per ben due volte il Battista. Non a caso e non solo per ammettere la sua ignoranza. “Conoscere” nel Vangelo di Giovanni significa “so perché ho visto” ovvero fare esperienza, gustare, stupirsi contemplando e rimanere lì dove il cuore ha trovato finalmente una dimora che appaga e una gioia che dà senso e pienezza alla vita stessa.
“Sono venuto, ho visto e ho testimoniato” – continua a dire Giovanni comunicando la sua esperienza di Gesù di cui non solo venendo e vedendo custodisce la memoria, ma di cui si fa testimone, come ben si deduce dalla forte espressività di quell’avverbio – “Ecco l’agnello di Dio” – che richiama l’attenzione sul Cristo e conduce al cuore stesso della fede.
Qui dobbiamo proprio fermarci un momento.
Quanto dell’esperienza di Giovanni è parte nel nostro vissuto?
Noi a che punto siamo del cammino: nella fase del “non lo conosco ancora” oppure nella consapevolezza del “so perché ho visto”? E se davvero “sono venuto e ho visto”, ora sto testimoniando con la mia vita che Gesù è il Figlio di Dio?
Capisco che questi interrogativi possano essere scomodi e farci toccare con mano la superficialità della nostra adesione a Cristo, ma è insano e poco dignitoso trastullarsi in una vita cristiana all’acqua di rose, come dice Papa Francesco, senza impegno, senza slancio, senza cuore.
È tempo di fare chiarezza! La fede non è un romantico giro in gondola al chiaror di luna, una tappa fugace nel viaggio della vita, bella forse ma ascritta solo a qualche speciale occasione, e magari anche nello stile del mordi e fuggi che ci sta depauperando di ogni saldo riferimento.
Allora - coraggio! - rispondi al Vangelo che oggi t’interpella: dov’è Cristo nella tua vita? Al centro o recluso nell’angolo delle cose trascurate, sommerse dalla polvere della tua impassibilità distratta? Quanto tempo gli concedi nelle tue giornate? Molto, poco, niente? Non pensi che sia giunto il momento di aprire gli occhi e, come il Battista, vedere finalmente che Gesù sta venendo verso di te?
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