top of page
strisciablog.jpg

Per guardare la vita dall'alto

e vedere il mondo con gli occhi di Dio

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO

leggi | rifletti | prega | agisci

VUOI RICEVERE IL COMMENTO ALLA PAROLA DEL GIORNO SU WHATSAPP?

icona-whatsapp-300x300.png
civetta_edited.png
Se vuoi ricevere il post quotidiano della Parola del giorno su WhatsApp, compila questo modulo. Ti inseriremo nella bacheca "La Parola del giorno" da cui potrai scaricare il link.

Il tuo modulo è stato inviato!

Cerca
Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

"Ero giovane e volevo costruire una torre"



Dal Vangelo secondo Luca

Lc 14,25-33


In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

 

“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre…” – Un momento, fermiamoci. Questa traduzione è quasi uno 'scippo'. Chi l’ha fatta voleva certamente ammorbidire la frase per renderla meno spigolosa, ma il testo originale greco usa un verbo fortissimo, misèō, che suona così: “Se uno viene a me e non odia suo padre…”. Bisogna però intenderlo bene perché qui non si esprime un atteggiamento affettivo (amare di più, amare di meno), ma è quel “rimandare indietro” come conseguenza di una scelta. Per farla breve, in questo ‘odiare’ si esprime una decisione da prendere: seguire Gesù o la famiglia. E questo vale per tutti, sempre.


Ho soppesato a lungo questo misèō - trentacinque anni fa - prima di varcare la soglia di casa per prendere i voti. E che fatica farlo comprendere ai miei genitori! Proprio perché la mettevano sul piano affettivo e si sentivano defraudati, persi, messi da parte. Ci son voluti anni prima che capissero che questa non era una rottura, ma la dura esigenza della sequela in cui il distacco è condizione necessaria per protendersi verso la meta.


Ricordo che questa intuizione l’ebbe più tardi, per primo, mio padre. Alla vigilia della mia professione religiosa mi chiamò in disparte e mi disse: “Valuta bene adesso, soppesa questo distacco, perché indietro non si torna!”. Non sia mai che della figlia si potesse dire che aveva iniziato a costruire e non era stata capace di finire il lavoro. “Indietro non si torna!”.


Ero giovane, ma mi ero seduta a calcolare la spesa! Ossia a discernere, cercando di vedere chiaro con gli occhi puntati sulle due strade che avevo dinanzi, mentre ero al bivio della vita. Fino a sceglierne una, dopo aver superato dubbi e incertezze.


Era quello che il Signore voleva, lo sentivo nel cuore. Oggi non posso dire con totale certezza quanto fossi lucida nel vedere se avessi davvero i mezzi per portare a termine la mia torre: avevo diciott’anni, tanti sogni, tanto entusiasmo, anche tanta ingenuità. Ma strada facendo, soprattutto quando la vita mi ha piegata nel tempo della prova e la torre sembrava mi stesse crollando addosso, sono rimasta in piedi grazie al pungolo costante di mio padre: “indietro non si torna!”. E così, giorno dopo giorno, ho sempre aggiunto un altro mattone.

La torre non è certo ancora finita, ma ho sempre tra mano la calce e quel misèō è diventato un canto nel cuore.

391 visualizzazioni

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page