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Dire la Trinità, dire l'Amore


SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 16,12-15


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

Immagino che oggi i nostri teologi dovranno tirar fuori gli attrezzi del mestiere per introdurci adeguatamente nel mistero della Trinità. Cosa che fanno benissimo, avendo alle spalle scaffali stracolmi di libri su cui per anni hanno fatto, come diceva Giacomo Leopardi, uno “studio matto e disperatissimo” condito di tanta preghiera. Sarà prezioso ascoltarli e lo faremo volentieri per scrutare, come possiamo, un mistero che infinitamente ci supera e continuamente ci sorprende.


A me, che vivo in campagna e butto gli occhi ogni giorno sull'erba che cresce spontanea, questo mistero mi rimanda, a primo acchito, all’esperienza contemplativa di un giovane costretto a fare il pastore in una terra straniera: “«Arrivato in Irlanda – racconta - ogni giorno portavo al pascolo il bestiame, e pregavo spesso nella giornata; fu allora che l’amore e il timore di Dio invasero sempre più il mio cuore, la mia fede crebbe e il mio spirito era portato a far circa cento preghiere al giorno e quasi altrettanto durante la notte, perché allora il mio spirito era pieno di ardore».


Ed è forse lì, tra le pecore, nella solitudine di una vita grama, che guardando un trifoglio ebbe un’intuizione finissima sulla Trinità. Più tardi, consacrato vescovo, spiegherà in un’omelia il mistero di Dio Uno e Trino tirando fuori proprio l’immagine del trifoglio: Vedete? Ha tre foglie, uguali e distinte, ma formano un’unica pianta perché sono su un solo stelo”. Su quest’unico stelo scorre la linfa dell’amore. E noi, attraverso il battesimo, siamo come abbracciati e nutriti da questo stelo d’amore trinitario: “in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28).


Nel trifoglio trinitario, Dio è Creatore e Padre misericordioso, è Figlio Unigenito, eterna Sapienza fattasi carne, morto e risorto per noi, ed è Spirito Santo che tutto muove, “Spirito della verità” che ci guida “a tutta la verità”. Tre persone, uguali e distinte, un unico Dio, tutto amore, solo amore. E noi siamo fatti a sua immagine.


Capite allora perché solo l’amore può renderci autenticamente felici!

Solo amando infatti restiamo abbracciati allo stelo e diventiamo chi siamo davvero: figli di Dio e fratelli tra noi, segnati nel volto e nel cuore dai tratti incantevoli della Trinità.


Vediamo dunque di non perdere la faccia, di non sciupare questi tratti d’amore. Per farlo è necessario vigilare incessantemente sui moti più nascosti del cuore perché l’«ego» è un predatore furbissimo che s’apposta dietro le nostre debolezze per avere la meglio quando siamo più fragili.

Così furbo da indossare il vestito buono della verità apparente, che ci fa sentire di essere quasi sempre nel giusto e dunque in diritto di giudicare gli altri e di sentirci migliori degli altri.

Quando però cediamo a questa insidia e ci attorcigliamo caoticamente attorno al nostro ego, corrugando la fronte, arricciando il naso e oscurando il volto, non facciamo altro che imbrattare con un trucco pesante i tratti nobili della Trinità-Amore che Dio ha impresso in noi. E diventiamo persino ridicoli.


Meglio andare al pascolo della Parola, pregare spesso, contemplare il trifoglio e nutrirsi della sua linfa, come diceva quel giovane pastore! Ah, dimenticavo, quel giovane era San Patrizio, il grande evangelizzatore dell’Irlanda.


Buona domenica!

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