Riscopriamo i tanti buoni motivi del digiuno quaresimale.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,14-15
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Dopo i farisei che accusano Gesù di mangiare con i pubblicani e i peccatori, è la volta dei discepoli di Giovanni che muovono invece una contestazione basata sul confronto tra loro e i farisei che digiunano continuamente e i suoi discepoli che invece non digiunano.
Il digiuno era una pratica che contraddistingueva i gruppi spirituali più impegnati del tempo e in particolare di coloro che seguivano lo stile del profeta del deserto, il Battista, “che non mangia e non beve”. Questa pratica austera era un segno di conversione, di mortificazione, ma anche una sorta di rinuncia per placare Dio a causa dei peccati commessi.
Ora Gesù si discosta da questa tradizione religiosa non perché contesti il digiuno come tale (anzi!), ma per quello che c’era sotto: una modalità distorta nel praticarlo e soprattutto per quello che poteva ingenerare, ossia una sorta di autoesaltazione fuorviante (cfr. Mt 6,16-18).
Tuttavia qui, in particolare, giustificando il comportamento dei discepoli, Gesù ne sospende la pratica per un tempo preciso: «finché lo sposo è con loro».
E lo sposo è Lui.
“Verranno giorni”, dice alludendo alla sua passione e alla sua morte, in cui i miei discepoli saranno in lutto, afflitti perché sarà loro tolto lo sposo. In quei giorni sentiranno nel cuore la sofferenza di questo distacco. E sembra voglia dire ancora: sarà soprattutto questo distacco il loro digiuno. Non un semplice languore di pancia che prima o poi trova ristoro nel cibo, ma la mancanza della mia presenza visibile.
A che serve allora il digiuno oggi per noi?
Lo Sposo c’è, altroché! Ed è risorto. Digiunano gli occhi, privati della sua presenza visibile, ma il cuore è perennemente sazio di gioia perché Lui è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,20).
Quindi qual è il senso del nostro digiuno quaresimale? Non è certo una prestazione ascetica da ostentare con orgoglio, né una bigotta astinenza per imbonire il nostro Dio. Sarebbe ridicolo solo pensarlo. Il digiuno ci ricorda piuttosto qual è la nostra vera fame: fame di Lui, della Sua Parola e della Sua presenza; e ci aiuta a riordinare la nostra vita riconducendola all’essenziale; ci stimola a educare i nostri desideri orientandoli verso l’unico bene assolutamente necessario; e soprattutto ci fa sentire nella nostra carne la fame dei poveri. Non per attizzare falsi pietismi ma per aiutarci a trasformare i ‘nostri’ beni in beni ‘comuni’, condivisi. Perché nessuno sia nel bisogno e tutti si sentano “amici dello Sposo”.
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