Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Quando ci mettiamo dinanzi alla Parola di Dio talvolta partiamo con il piede sbagliato. Ci affanniamo subito a chiederci: cosa devo fare, in quale modo devo dare una raddrizzata alla mia vita, dov’è che faccio male e dov’è che faccio bene? Domande peraltro lodevoli e tutt’altro che banali. Bisogna tuttavia affrontarle a tempo debito e con il sostegno dello Spirito, ossia dopo aver accolto la Parola come buona notizia che dà gioia e consola, aprendoci allo stupore, e dopo averla meditata nel cuore cercando di afferrare il significato dei segni che il Signore ci pone davanti, avendo cura di interpretarli rettamente.
Questo è ciò che fanno i pastori dopo aver ascoltato le parole dell’angelo e visto il bambino: “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio”; questo è ciò che ha fatto la gente mentre ascoltava il loro racconto: “si stupirono”, dice il testo; questo infine è ciò che farà Maria, incessantemente, come attesta l’uso dell’imperfetto lì dove Luca dice che “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
Tutto cambia, e in meglio, “se il cuore, aperto alla speranza di una pratica gioiosa e possibile dell’amore che gli è stato annunciato, sente che ogni parola nella Scrittura è anzitutto dono, prima che esigenza”, come scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. E poiché è dono, la memoria, che custodiamo nel cuore come Maria, rimane traboccante delle meraviglie di Dio.
Permettetemi a questo punto di mettervi anche in guardia da un rischio che è lì sempre latente: la superficialità. In questi giorni soprattutto, mentre il Natale ci indica vie luminose di incontro profondo con il Signore, ci lasciamo dirottare troppo su strade che abbagliano di luce scadente e artefatta. Anche la gioia di questi giorni rischia di essere acrilica perché non scaturisce dall’infinita bellezza del mistero che celebriamo nel Natale, ma si nutre di altre visioni, di altre attese. E finisce per diventare una mediocre abbuffata che esalta e soddisfa i più banali appetiti. E poi, che ci resta? Un’occasione sprecata, del tempo perso, il vuoto, la noia.
Dov’è la gioia dei pastori?
Cosa ne abbiamo fatto dell’icona orante della Vergine?
Vi scrivo queste cose pensando anche a questo primo giorno del nuovo anno dedicato alla Madre di Dio e alla pace che esige una ricerca costante di strumenti adeguati e comuni per edificarla in modo duraturo.
Il Vangelo ci ha indicato come e da dove dobbiamo cominciare. Non dai nostri sforzi, che naturalmente strada facendo saranno necessari, ma dalla gioia e dalla consolazione che viene da Cristo Parola del Padre, dallo stupore che diventa lode e gloria di Dio e dalla meditazione dei suoi misteri, di ciò che è stato ed è per noi, di ciò che ha fatto e che continua a fare per noi.
Cominciamo dunque con questa visione pregna di santa speranza, e ricominciamo a partire da un affondo sereno e fiducioso nel tempo presente, fondati su Cristo e rianimati dalla certezza che con Lui “sempre nasce e rinasce la gioia”.
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