Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14,12-14
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Al tempo di Gesù era molto diffusa l’usanza di scambiarsi inviti a pranzo tra persone dello stesso ceto. I poveri, sebbene fosse un onore fare loro la carità, erano esclusi da questi banchetti d’élite. Anzi, invitare un povero alla propria mensa significava identificarsi con la sua condizione e questo era ritenuto un disonore, per sé e per la propria famiglia.
Immaginate dunque quanto sconcerto provochi questa proposta di Gesù: “invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. E nel dirlo insiste sul principio di gratuità.
Ma per capirlo bisogna scavare a fondo nel testo, perché a primo acchito sembrerebbe che Gesù ci suggerisca di stare dalla parte degli esclusi – poveri, storpi, zoppi, ciechi – per ottenere una ricompensa da Dio. Ma farsi strada nel regno dei cieli servendosi dei poveri non è un po’ subdolo? Che fine ha fatto la gratuità? “Fai strada ai poveri senza farti strada”, diceva don Lorenzo Milani.
Scaviamo a fondo perché è proprio di gratuità che Gesù sta parlando. Non dice: invita i poveri per ottenere una ricompensa da Dio, ma invita i poveri “perché non hanno da ricambiarti”. Ossia: organizza la tua vita come un banchetto di gratuità, senza calcoli né vantaggi. Non do ut des, “io do affinché tu dia”, ma do e basta, per amore, come fa Dio con noi.
Che poi questa gratuità ci apra i tesori del regno è una conseguenza dell’amore: staremo lì dove avremo scelto di stare, nell’amore; staremo con chi avremo scelto di stare, con Dio, che è amore.
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