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Credetemi!



Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 14,6-14


In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».

Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre?

Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».

 

Nel Libro dell’Esodo si dice che “il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico” (Es 33,11). Mosè, dal canto suo, gli era così intimo e familiare da sentirsi libero di rivolgersi a Lui dicendo: “Se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che io ti conosca. Mostrami la tua gloria!" (Es 33,13.18).

Solo se si è alla ricerca di un’intimità profonda con Dio possono maturare desideri tanto intensi. Forse anche un po’ ingenui, ma senz’altro audaci.


Qui, nel Vangelo, la richiesta di Filippo - «Signore, mostraci il Padre e ci basta» - matura nella confidenza di un’amicizia salda ed esprime lo stesso desiderio di Mosè. Con una coloritura nuova, perché non lo fa solo per se stesso, ma parla a nome del gruppo dei discepoli.

Mosè faceva da mediatore tra Dio e il popolo, Filippo è invece la cassa di risonanza del sentire di tutti. Anche del nostro sentire.

Percepire la paternità di Dio ci è assolutamente necessario, non solo per non sentirci orfani o figli di nessuno, ma per capire la nostra stessa identità. Forse anche noi, come Filippo, andiamo in cerca di una manifestazione eclatante di Dio che ci confermi nella fede e nel Suo amore. Come lui siamo impazienti, vorremmo vedere tutto e subito, e tutto e subito capire.

Di fatto però in questo desiderio Dio, come fa sempre per le cose che contano, ci ha preceduto rivelando se stesso attraverso il Figlio: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”, dice Gesù a Filippo, forse con una punta di amarezza perché ancora i discepoli non riconoscono chiaramente nel loro Maestro la presenza e le opere del Padre.

A loro e a noi, quasi per scuoterci, ma con tono persuasivo e rassicurante, s’affretta a dire ancora: “Credetemi! Se non altro, credetelo per le opere stesse”.

Ecco, le opere, i segni, i miracoli: ma li stiamo vedendo davvero nel Vangelo che ascoltiamo ogni giorno? E se li stiamo vedendo, li sappiamo leggere poi dentro la nostra vita? Quel miracolo di Gesù, quel segno, quell’opera sono lì per realizzarsi anche in noi.

Ci sentiamo coinvolti davvero dentro questi segni che ci rivelano il mistero di Dio il cui volto splende in quello di Cristo? O forse dovremmo smettere di accontentarci di una conoscenza superficiale di Lui e delle sue opere per giungere con consapevolezza ad una conoscenza più profonda, che ci cambia la vita?

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