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  • Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Ciascuno per conto suo


Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 16,29-33


In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».

Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

 

Se c’è una cosa che non abbiamo ancora capito dopo 2000 anni e passa di Vangelo è la sterile stoltezza di voler andare “ciascuno per conto suo”. Che lo abbiano fatto i discepoli nell’ora della prova, incapaci di restare sotto tiro con Gesù e affrontare con Lui il fuoco della passione, è più comprensibile, benché rimanga un capitolo doloroso nella vicenda umana di questi uomini che avevano manifestato apertamente di voler condividere il destino del loro maestro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).

Ma che lo facciamo noi, e senza sentirne neanche l’imbarazzo e la vergogna, è cosa grave: siamo così sordi da non sentire più neanche il canto del gallo, quello che sentì Pietro dopo aver rinnegato Gesù e che lo indusse a uscir fuori e piangere amaramente, umiliato e desideroso di perdono.


“Ciascuno per conto suo”: ho provato a scrivere su google questa frase e il risultato è stato impressionante. Politici, scienziati, intellettuali, credenti, capi religiosi, intere comunità cristiane disegnano sulla carta progetti comuni, sottoscrivono comuni ideali e poi – e lo dicono pure, quasi con orgoglio! – ciascuno va per conto proprio!


Tra i 7,8 miliardi di uomini che oggi vivono nel nostro pianeta ci sono circa 2,4 miliardi di cristiani, un terzo dell’intera popolazione mondiale. Diciamo di essere una grande famiglia, un unico albero con molti rami ma, in verità, il più delle volte ciascuno va per conto proprio, per non dire peggio.


Restringendo il campo, proviamo a entrare nelle nostre piccole comunità cristiane, nelle nostre famiglie, lì dove per scelta abbiamo detto sì a una vita ‘insieme’, spesa per gli altri, per la comunità; una comunità fatta di condivisione fraterna, di legami stabili, di percorsi comuni che iniziano e maturano attorno all’unico altare per poi concretizzarsi in esperienze conviviali quotidiane: anche qui la sfida bella della fraternità è continuamente minata da egoismi e chiusure. A volte è solo un’esperienza 'trascurata' ma, a furia di esserlo, si sfilaccia. E a pagarne lo scotto maggiore sono i più deboli, i più provati, che vengono lasciati soli, proprio come denuncia Gesù: “mi lascerete solo”.


Quando prenderemo coscienza di questo nostro rinnegamento?

Avessimo almeno il coraggio di chiedere al Signore di poter sentire nel cuore il canto del gallo!

Sentirlo come momento e occasione per fare verità, per fare i conti con ciò che siamo realmente. Se non lasciamo cadere la maschera del ‘personaggio’, dietro la quale si nasconde l’ambigua volontà di voler andare ciascuno per conto proprio, non saremo mai “di Cristo”. Soprattutto mai capiremo, mai sperimenteremo e mai trasmetteremo la forza e la potenza di queste sue parole: “Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”.

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