
Quando crederemo davvero che la Chiesa è sì nella storia, ma nello stesso tempo sempre la trascende? Umana e divina, resta, oltre i chiaroscuri degli eventi, “il progetto visibile dell'amore di Dio per l'umanità”.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 16,15-18
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Apparso agli Undici, il Risorto affida loro la missione di andare in tutto il mondo e annunciare il vangelo. Questo mandato missionario sarà accompagnato da “segni” tangibili che manifestano la potenza operante della sua risurrezione. Proprio perché risorto, in forza dello Spirito, egli sarà sempre vivo e presente nelle opere dei suoi discepoli: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, dice loro (Mt 28, 20).
Non chiediamoci però cos’è che avessero di speciale i discepoli del Signore e cos’è che di grande avessero compiuto o semplicemente detto per meritarsi tanta fiducia: ne resteremmo delusi! Ci basta infatti leggere il versetto precedente al brano che abbiamo letto per capire che di grande questi uomini poco ancora avevano fatto. Anzi, tutt’altro! Ecco il versetto: “apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto” (Mc 16,14).
Increduli e duri di cuore: così sono e così li rimprovera!
Considerato l’antefatto, è chiaro che il mandato ricevuto – essere suoi testimoni! – è solo frutto di una sovrabbondante misericordia che in Dio cammina sempre a braccetto con la gratuità.
Ed è proprio questa la buona notizia di oggi: non è “ai perfetti” che il Signore affida il testimone, ma a coloro che faticano a credere, che cadono e si rialzano. Sì, ai dubbiosi, agli instabili, ai timidi, purché siano appassionati di lui e sappiamo farsi trovare dalla sua misericordia, che entra con infinita compassione tra le pieghe delle loro fatiche interiori.
Capisco allora che qui si sta parlando anche di noi, delle nostre comunità, della Chiesa.
E mi consola il pensare che il Signore non ha preteso che fossimo “impeccabili” prima di amarci e di darci fiducia. Al contrario, è amandoci che ci ha resi degni di questa fiducia, è dando se stesso per noi che ci ha reso finalmente affidabili, come dice l’apostolo Paolo: “Dio ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei per renderla santa e immacolata"(cfr. Ef 5,25-27).
“Dio ha amato la Chiesa” - È questo amore ad oltranza che dovremmo custodire gelosamente, sentendoci veramente amati e amando veramente, come Gesù, la sua Chiesa. Ne abbiamo un gran bisogno, anche se molto spesso, proprio perché duri di cuore, smettiamo di guardarla come “la Sposa amata” da Cristo.
Ci fermiamo alla storia, guardiamo solo ai fatti e alle vicende degli uomini: quando capiremo che la Chiesa è sì nella storia, ma nello stesso tempo sempre la trascende? Umana e divina, resta, oltre i chiaroscuri degli eventi, “il progetto visibile dell'amore di Dio per l'umanità” (CCC 776).
Amiamo la Chiesa sempre, anche quando ci fa soffrire. E smettiamola, vi prego, di ‘cinguettare’ i nostri rancori dicendo male di “lei”, della Sposa. Piuttosto, mettiamoci in ginocchio e, silenziando i nostri ruggiti, umilmente preghiamo.
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