top of page
strisciablog.jpg

Per guardare la vita dall'alto

e vedere il mondo con gli occhi di Dio

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO

leggi | rifletti | prega | agisci

VUOI RICEVERE IL COMMENTO ALLA PAROLA DEL GIORNO SU WHATSAPP?

icona-whatsapp-300x300.png
civetta_edited.png
Se vuoi ricevere il post quotidiano della Parola del giorno su WhatsApp, compila questo modulo. Ti inseriremo nella bacheca "La Parola del giorno" da cui potrai scaricare il link.

Il tuo modulo è stato inviato!

Cerca
Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

A cuore nudo davanti a Dio



Dal Vangelo secondo Luca

Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo".

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore".

Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 

Peccare pregando?

Questo capita nella parabola e nella vita quando ci presentiamo al Signore “confidando di essere giusti”, presumendo con fiera arroganza d’essere a posto, ritti davanti a Lui, imponenti e maestosi come un cedro del Libano. Fino a dire ‘devozione’ quel biascicare tra sé ostentando la propria apparente integrità in un monologo triste che nulla ha a che fare con la preghiera, anzi la soffoca fino a spegnerla del tutto. E il fariseo, nel farlo, notate che sta pure in piedi, quasi a voler sembrare alla pari con Dio. E parla, parla, dice tante parole, sfoggiando i suoi meriti con tono spavaldo. Parole che però sembrano diventare tappi alle orecchie, alle sue orecchie, rendendolo sordo all’ascolto di Dio e insonorizzato alla voce degli altri. È lì chiuso, avvitato, sprangato nel suo mondo infestato d’erbacce: ortiche infestanti cresciute sull’ipocrisia deposta nel cuore.


La Legge diceva: digiuna nel giorno dell’espiazione (Lv 16,29-31). Ma il fariseo che fa? Digiuna di più, “due volta a settimana”. Perché il suo motto è: fare di più per sentirsi migliore!

Così per la decima. La legge imponeva al venditore di pagarla. Lui, il fariseo integerrimo, fa di più e la paga anche sulle cose che compra.

Sul “di più” ha eretto una torre, quella dell’orgoglio borioso e sprezzante. E dall’alto, dal “di più”, si sente e si proclama migliore: “non sono come gli altri, e neppure come questo pubblicano”, io sono l’emblema del più.


Di contro, in fondo al tempio, fermo, a distanza dalla linea del sacro, il pubblicano.

A testa bassa, occupa il posto di chi si sente lontano da Dio. Guarda a terra, alla sua bassezza infinita intrisa di umiliazione e si batte il petto tra emozione e pentimento. Di lui il fariseo ha spifferato ogni peccato: è un ladro, un ingiusto e un adultero. Ai suoi occhi è l’emblema del “meno”, anzi del peggio, malvisto da tutti.


Eppure quest’uomo di fango che piange miseria e a mani vuote grida misericordia, a differenza dell’altro, torna a casa giustificato perché è così che Dio ci vuole: maturi nella consapevolezza d’essere miseria raggiunta dalla misericordia e non pavoni che fanno la ruota con superbia davanti a Lui in cerca di applausi, riconoscimenti e laute ricompense.


Stiamo dunque a cuore nudo davanti a Lui.

Umilmente.

Nella verità di noi stessi.

E torneremo a casa perdonati.

168 visualizzazioni

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page