- Comunità dell'Eremo
- 16 mar 2023

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28b-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Nel Vangelo gli scribi sono tra i personaggi più ostili a Gesù. Ma non in questo caso.
Recuperiamo la prima parte del versetto iniziale, che la liturgia oggi omette, e capiremo meglio il cuore di quest’uomo affascinato da Gesù.
Il testo dice così: “Uno scriba che li aveva uditi discutere, vedendo come (Gesù) aveva loro ben risposto, avvicinandosi, lo interrogò…”. Notate: lo scriba ascolta, ascolta davvero e apprezza le risposte che Gesù aveva dato ai sadducei, ne prende coscienza, si avvicina e, mostrandogli stima, pone una domanda di peso: qual è il primo comandamento in assoluto?
Gesù, dal canto suo, alla fine lo elogia, e non poco. È solo un dettaglio, ma mi sembra bello metterlo in evidenza fin da subito perché c’invita a non fare di tutta l’erba un fascio e a mettere al bando pregiudizi e cliché perché ognuno vale per quello che è.
Certo, l’ambiente influenza, ma non definisce del tutto e ognuno ha potenzialmente la possibilità di andare oltre “gli schemi”, affrancandosi da ciò che non condivide o che sente superato. Questo ha fatto lo scriba. E questo è lodevole. E va rispettato.
Detto questo, mi sembra importante notare che in questo duetto di citazioni della Torà tra Gesù e lo scriba, si sottolinea con forza e senza mezze misure l’unità inscindibile tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo, da entrambi espressa nettamente.
Tuttavia Gesù è un passo avanti e invita lo scriba a fare altrettanto.
Lo scriba sì, già ha ben capito, ha risposto con saggezza e non è lontano dal regno di Dio, ma deve far compiere un passaggio obbligato alle cose che dice, dalla mente al cuore.
Non basta infatti essere razionalmente convinti di una cosa, bisogna saper andare al sodo e compierla. Ricordate l’adagio “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”? Ecco, è questo il rischio: fermarsi a ciò che si pensa e si dice senza coinvolgersi in prima persona, con la propria vita.
Ora, questa schizofrenia tra mente e cuore ci rende, alla fine, solo autocelebrativi, gonfi delle nostre pur sante intuizioni. E nulla più.
Insomma, capire è importante, ma decidersi a fare ciò che saggiamente si pensa, è tutta un’altra cosa. Ed è a questo che bisogna puntare, se non vogliamo perennemente restare solo a due passi dal regno di Dio.
- Comunità dell'Eremo
- 15 mar 2023

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,14-23
In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».
“Signore dello sterco e delle mosche”: ecco chi è Beelzebùl, principe e capo dei demòni. Così almeno le lingue antiche – il siriaco, l’arabo e l’ebraico – hanno voluto definire il diavolo. Nell’immaginario collettivo dunque la sua azione è simile all’odore puzzolente che si sprigiona dal letamaio.
Un odore che tuttavia seduce. Che ne sei impregnato “si sente”, si capisce quando ti metti di traverso rispetto al disegno di Dio, rifiutandolo.
Ora, è di questo che Gesù viene accusato: “tu marci in modo puzzolente contro Dio facendo leva sulla menzogna per sedurre e corrompere”. Un’accusa frontale gravissima che però nasconde una contraddizione evidente, che Gesù smaschera: scacciare i demòni per mezzo del principe dei demòni è come dire che il regno di Beelzebùl “è diviso in se stesso”, che c’è una guerra civile in atto e dunque, dilaniato al suo interno, questo regno non può stare in piedi, non si regge.
“Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, – incalza poi Gesù – allora è giunto a voi il regno di Dio”.
Perché questo regno cresca dentro di noi, anche rinunciando al male, è necessario essere con Gesù e raccogliere con Lui.
Essere con Gesù è una decisione che matura ogni giorno nel discernimento, attraverso la Sua Parola che smaschera la menzogna della tentazione a cui siamo esposti di continuo.
Ricordate Gen 3,6: Eva “vide che l'albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò”. Ecco l’insidia del male: ti fa vedere buono, gradito agli occhi e desiderabile ciò che in realtà ti denuda della tua dignità, ti espone alla paura e ti costringe a nasconderti: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto" – dice Adamo dopo aver mangiato il frutto della disobbedienza (Gen 3,10).
Essere con Gesù vuol dire dunque respingere quel demonio muto che vuole iniettarci la sfiducia e la ribellione per impedirci di interloquire con Dio da figli.
Di rimando, raccogliere con Gesù significa invece aprirsi alla relazione con Dio, fidarsi di Lui, riconoscere e custodire il frutto che germoglia all’ombra dello Spirito.
E il frutto dello Spirito “è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5, 22-23), in contrapposizione al “disperdere”, da cui Gesù ci mette in guardia perché semina le “ben note opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal 5, 19-21).
In definitiva, o siamo il profumo di Cristo e l’incenso gradito a Dio o facciamo odore di stalla.
- Comunità dell'Eremo
- 14 mar 2023

Un’alternativa c’è! Sarà lo “iota” o il “trattino” di un gesto di pace, di una porta che si apre per accogliere, di un saluto che si è negato per troppo tempo...
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,17-19
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Gli Ebrei la chiamano halakà – il cammino, la strada – ed è l’applicazione pratica della Torà esplicitata dalla legislazione rabbinica. Gesù – che Maestro è! – con il suo insegnamento, con la sua halakà, non abolisce le Legge e i Profeti. Tutt’altro! Non solo infatti osserva pienamente la Legge praticandola nella sua integrità fin nei minimi precetti, ma la trasfigura e la porta a compimento facendo riemergere dalla polvere dell’ipocrisia le intenzioni originarie di Dio.
Quanto questo sia importante per il nostro cammino possiamo intuirlo dalle sue parole: “non sono venuto per distruggere, ma per confermare”.
Chi segue il Vangelo non è chiamato a fare il rottamatore ma ad aprire gli occhi e il cuore per riconoscere in questa buona notizia quanto il Signore da sempre ha voluto per noi.
Per questo Gesù aggiunge: “non passerà un solo iota o un trattino della Legge”. Lo iota è la nona lettera dell’alfabeto greco che corrisponde alla più piccola lettera dell’alfabeto ebraico, mentre il trattino, nella scrittura ebraica, è solo un segno ornamentale. Che vuole dire Gesù? Non tralasciate neanche il minimo dettaglio della Parola di Dio e non manipolatela “con tristi riduzionismi”, come dice Papa Francesco.
Guardiamoci dentro: in questo momento delicatissimo della nostra storia scriviamo una halakà illuminata e coerente perché il cammino di tutti e di ciascuno sia strada evangelica di vita. Né io né voi forse potremo grandi cose, ma tutti possiamo disinnescare egoismi e tornaconto, utilitarismo e sfruttamento, violenza e prevaricazione disponendoci davvero a dare la vita per gli amici e – cosa altrettanto necessaria - ad amare anche i nemici, secondo il comando del Vangelo.
Si tratta di testimoniare con la vita che un’alternativa c’è, e di certo non è l’odio ma l’amore e la tolleranza. Facciamola questa alternativa, lì dove siamo, facendo fiorire il poco o molto che abbiamo tra mano. Sarà lo “iota” o il “trattino” di un gesto di pace, di una porta che si apre per accogliere, di un saluto che si è negato per troppo tempo.
Fate voi ma, vi prego, facciamolo subito.