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Immagine del redattoreComunità dell'Eremo

Predicate 'dicendo' e 'facendo'

Aggiornamento: 11 giu 2022


Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 10,7-13


In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:

«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.

In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.

Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».

 

La missione degli apostoli, della Chiesa, e quindi la mia e la tua, è questa: predicate il Vangelo ‘dicendo’ e ‘facendo’.


Su ciò che dobbiamo dire, Gesù è piuttosto sintetico e sembra non apprezzi le prediche troppo lunghe:il regno dei cieli è vicino”. Punto. L’essenziale da dire è questo affinché si risponda “al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti” (Evangelii Gaudium, 39).


Su ciò che dobbiamo fare è invece piuttosto dettagliato. Intanto la missione si compia “strada facendo”. Che vuol dire “prossimità”, ossia farsi vicini per dare una risposta concreta ai bisogni degli altri, rimboccandosi le maniche e allargando il cuore: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni”. Chi incontra Cristo è questo che deve poter sperimentare – la carità che lenisce, riscatta e libera! – altrimenti l’annuncio non raggiunge il suo cuore, perché di quell'annuncio sente solo parole, parole vuote, simili a un cembalo che tintinna, capace solo di emettere un suono superficiale. Dunque inconsistente.


La prossimità poi, oltre ad essere gesto concreto, si esprime in uno stile di vita. Che matura nella gratuità. Con estrema chiarezza già lo diceva la tradizione rabbinica: “Così come avete ricevuto la Torà senza pagarla, insegnatela senza farla pagare”. E Gesù lo ribadisce: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. È sul terreno della gratuità che si gioca la nostra credibilità nell’annuncio del Vangelo. E le tasche devono restare vuote. Vuote nell’andare, perché Dio provvede a chi si mette a servizio del Vangelo, e vuote nel tornare, perché l’unico interesse possibile è “guadagnare Cristo” (Fil 3,8).


La gratuità è l’agire cristallino attraverso cui testimoniamo di non voler vivere per noi stessi, ma di voler essere segno, strumento, presenza dell’amore di Dio tra la gente.

Per questo dobbiamo “entrare” nelle città, nei villaggi, nelle case. E i modi per farlo sono tanti: la creatività dello Spirito, se lo ascoltiamo, è davvero sorprendente. Ma bisogna essere audaci, liberi e soprattutto non ingessati, fiacchi nel fare e noiosi nel dire.


Fuori, oltre le vetrate della nostra vita che scorre indisturbata, c’è un estremo bisogno di incontrare Cristo. E perché questo avvenga, Cristo ha bisogno di te, del tuo entusiasmo per il Vangelo, del tuo coraggio creativo, della tua testimonianza convinta e convincente. Non illudiamoci, però: sarà un impegno di lungo respiro, come piantare un albero d’ulivo: lo fai per la generazione che viene, per i tuoi figli, perché la parola del Signore si diffonda nello spazio e nel tempo e sia glorificata (2Ts 3,1).

I risultati in tempi brevi sono solo fuoco di paglia.

E di paglia se n’è già bruciata fin troppa!

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